Premio Nobel che viene… Premio Nobel che va…

Da bambina sognavo di vincere il Premio Nobel. Non sapevo per cosa, ma volevo disperatamente quel premio.
Per ora devo dire che il mio desiderio sembra ancora piuttosto difficile da realizzare, ma sento che è solo questione di tempo.
In compenso da qualche giorno posso dire di aver visto dal vivo ben due illustri vincitori di tal premio.
Sì, proprio quei due che in questi giorni si sono passati il testimone: Bob Dylan, che il 13 ottobre è stato insignito del Nobel per la letteratura, e Dario Fo, già premiato nel 1997, che proprio nel giorno della proclamazione di Dylan ci ha lasciato.

Forse i più non ricordano il bizzarro modo un cui Fo venne a sapere del premio…

Certamente più solenne l’annuncio per Dylan, accolto da un boato di sorpresa…

Anche nella mia personale esperienza i due sono accomunati dalla data. Era infatti il 2001 l’anno in cui partecipai al secondo concerto commemorativo di Fabrizio De André al Carlo Felice accanto ad un giovane cantautore esordiente, dividendo il palco, fra gli altri, anche con Dario Fo. Ricordo di quella serata, una foto analogica scattata nel backstage un po’ sovraesposta (fu proprio Fo a scegliere la posizione a suo avviso “migliore”!) che oggi si perde nei meandri della mia cameretta di ragazza…

In quella stessa estate ebbi occasione di vedere Bob Dylan a La Spezia. Avevo 19 anni ed era l’anno del G8. Tornando a casa quella sera avrei visto le famose immagini di Piazza Alimonda. Ma non lo sapevo ancora, e mi sono goduta Knockin’ On Heaven’s Door e Blowin’ In The Wind con gli occhi chiusi sul prato dello Stadio A. Picco, uno dei primi concerti veramente importanti della mia vita. Non una parola da parte sua. Ha cantato per circa un’ora e mezza senza nemmeno un saluto. Ma fa parte del personaggio, non certo istrionico. Ci sta.

Due premi molto discussi. Si sa, dopo nomi quali Pirandello, Carducci, Tagore, Mann, Hemingway, pensare a un “giullare” ed un “menestrello” portatori di un’eredità così grande può sembrare difficile da digerire.
Personalmente trovo una scelta molto intelligente e saggia dare un tale riconoscimento a chi, anche in modi non convenzionali, ha saputo dare voce alla gente comune interpretando i sentimenti popolari in modo arguto e sensibile e valorizzando forme d’arte parallele quali la canzone ed il teatro. Un musicista premio Nobel? Perché no? Non è forse la canzone la forma poetica per eccellenza? E quale detrattore di tale scelta potrebbe negare l’universalità di un testo come quello di Blowin’ In The Wind?

Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?
E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che vengano bandite per sempre?
La risposta, amico mio, soffia nel vento.

Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto
prima che riesca a vedere il cielo?
E quanti orecchie deve avere un uomo
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
La risposta, amico mio, soffia nel vento.

Per quanti anni una montagna può esistere
prima che venga spazzata via dal mare?
E per quanti anni alcuni possono vivere
prima che sia concesso loro di essere liberi?
E per quanto tempo può un uomo girare la sua testa
fingendo di non vedere?
La risposta, amico mio, soffia nel vento,
la risposta soffia nel vento…

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